La miocardiopatia ipertrofica (MCI) è una malattia genetica del muscolo cardiaco caratterizzata da un ispessimento anomalo del miocardio, in assenza di condizioni di sovraccarico emodinamico come ipertensione arteriosa o valvulopatie. L'ipertrofia coinvolge prevalentemente il ventricolo sinistro, con particolare predilezione per il setto interventricolare, e può determinare una ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo sinistro (LVOT).
La MCI è una delle principali cause di morte cardiaca improvvisa nei giovani atleti e può manifestarsi con sintomi variabili, dall’assenza di segni clinici fino a insufficienza cardiaca avanzata. Il decorso della malattia dipende dall’estensione dell’ipertrofia, dalla presenza di disfunzione diastolica e dal coinvolgimento del sistema elettrico cardiaco.
La miocardiopatia ipertrofica è la cardiomiopatia genetica più comune, con una prevalenza stimata di circa 1 caso ogni 500 individui. Tuttavia, studi genetici più recenti suggeriscono una prevalenza fino a 1 su 200, poiché molte forme rimangono non diagnosticate.
Si tratta di una malattia autosomica dominante, causata da mutazioni nei geni che codificano le proteine sarcomeriche, in particolare MYH7 (catena pesante della miosina) e MYBPC3 (proteina C legante la miosina). Circa il 60% dei casi ha una base genetica identificabile, mentre il restante 40% è idiopatico o sporadico.
La malattia può manifestarsi a qualsiasi età, ma i sintomi diventano più evidenti nell’adolescenza o nella prima età adulta. Nei giovani atleti, la MCI è la principale causa di morte cardiaca improvvisa da aritmie ventricolari maligne, spesso innescate da un intenso sforzo fisico.
La miocardiopatia ipertrofica è caratterizzata da un ispessimento disomogeneo del miocardio, che altera la normale architettura del cuore e compromette sia la funzione diastolica che la perfusione coronarica.
I principali meccanismi fisiopatologici includono:
Nei pazienti con ostruzione del LVOT, la presenza di un gradiente pressorio intraventricolare può determinare sintomi da bassa portata cardiaca, con sincope, dispnea e dolore toracico. L’ostruzione è accentuata dallo sforzo fisico, dall'aumento del tono simpatico e dalla riduzione del precarico.
Nel tempo, la progressione della malattia può portare a fibrosi miocardica, insufficienza cardiaca e, in alcuni casi, alla necessità di interventi terapeutici avanzati, come alcolizzazione del setto o miomectomia chirurgica.
La presentazione clinica della miocardiopatia ipertrofica (MCI) è estremamente variabile: alcuni pazienti rimangono asintomatici per tutta la vita, mentre altri sviluppano sintomi progressivi di insufficienza cardiaca o manifestano aritmie potenzialmente fatali.
La sintomatologia tende a peggiorare in condizioni di riduzione del precarico (disidratazione, farmaci vasodilatatori) o di aumento del postcarico (ipertensione, stress fisico), che esacerbano l'ostruzione del LVOT e la conseguente riduzione della portata cardiaca.
All’auscultazione cardiaca, i pazienti con MCI possono presentare un soffio sistolico eiettivo, che si intensifica in ortostatismo o con la manovra di Valsalva, a causa della riduzione del precarico che accentua l’ostruzione del LVOT. Altri segni clinici possono includere:
La diagnosi di miocardiopatia ipertrofica si basa su una combinazione di anamnesi, esame obiettivo ed esami strumentali, con particolare rilievo all’ecocardiografia per confermare la presenza di ipertrofia miocardica >15 mm in assenza di cause secondarie.
È essenziale escludere altre condizioni che possono causare ipertrofia ventricolare sinistra, come:
Una diagnosi accurata è fondamentale per identificare i pazienti ad alto rischio e avviare un trattamento mirato.
L’obiettivo del trattamento della miocardiopatia ipertrofica (MCI) è ridurre i sintomi, migliorare la qualità di vita e prevenire le complicanze, in particolare la morte cardiaca improvvisa. La gestione terapeutica dipende dalla presenza di ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo sinistro (LVOT) e dal rischio aritmico del paziente.
La terapia farmacologica rappresenta il primo approccio nei pazienti sintomatici, con l’obiettivo di migliorare la tolleranza allo sforzo e ridurre l’ostruzione dinamica del LVOT. I farmaci più utilizzati includono:
Nei pazienti con fibrillazione atriale concomitante, è indicata la terapia anticoagulante con DOAC o warfarin per prevenire eventi tromboembolici.
Nei pazienti con ostruzione LVOT severa (gradiente ≥50 mmHg) e sintomi refrattari alla terapia farmacologica, si considerano approcci invasivi per ridurre l’ostruzione:
La prognosi della miocardiopatia ipertrofica è estremamente variabile e dipende dalla presenza di ostruzione, dal rischio aritmico e dalla gestione terapeutica. La sopravvivenza a lungo termine è buona nei pazienti ben controllati, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni superiore all’80%.
Nei pazienti con MCI, la morte cardiaca improvvisa rappresenta la principale causa di eventi fatali. I fattori di rischio includono:
L’identificazione precoce dei pazienti ad alto rischio consente di implementare strategie preventive, come l’impianto di un defibrillatore automatico impiantabile (ICD), che ha dimostrato di ridurre significativamente la mortalità nei soggetti ad alto rischio.
La miocardiopatia ipertrofica (MCI) può evolvere in forme più severe, con un impatto significativo sulla qualità di vita e sulla prognosi. Le principali complicanze includono:
La morte cardiaca improvvisa è una delle complicanze più temute della MCI, soprattutto nei giovani atleti. È causata da tachicardia ventricolare sostenuta o fibrillazione ventricolare. Il rischio è maggiore nei pazienti con fattori di rischio elevati, per i quali è indicato l’impianto di un defibrillatore automatico impiantabile (ICD).
Circa il 20-25% dei pazienti con MCI sviluppa fibrillazione atriale, a causa dell’aumento della pressione atriale sinistra e della fibrosi atriale progressiva. Questa condizione aumenta il rischio di ictus ischemico e richiede una gestione con terapia anticoagulante nei pazienti ad alto rischio tromboembolico.
L’insufficienza cardiaca nella MCI può manifestarsi in due forme:
I pazienti con MCI e insufficienza mitralica significativa sono a rischio di endocardite infettiva, a causa delle turbolenze emodinamiche sulla valvola mitrale. In questi pazienti è indicata la profilassi antibiotica nelle procedure invasive ad alto rischio.
Nei pazienti con fibrosi miocardica diffusa, la MCI può evolvere verso una forma restrittiva con severa compromissione del riempimento ventricolare e incremento delle pressioni di riempimento, con un quadro simile all’amiloidosi cardiaca.